Dopo la diagnosi, ricordo di aver avuto così tante domande che non sapevo nemmeno da dove cominciare. Mi sono sentita sopraffatta, smarrita. Non avevo idea di dove iniziare e non c’era molto che mi aiutasse a comprendere la diagnosi. Mi fu consigliato di non cercare informazioni online, ma se l’avessi fatto, di cercare siti scientifici affidabili. Ma anche così, c'erano tantissime cose che ancora non capivo. Ho imparato rapidamente che fare domande e capire cosa stava succedendo nel mio corpo era utile per far fronte alla diagnosi. Se non ponevo domande, non ottenevo risposte né informazioni oltre a ciò che mi era già stato detto. Così ho iniziato a richiedere i miei risultati e ad evidenziare tutto ciò che non capivo. Portavo tutti i miei dubbi all'attenzione del medico o del personale infermieristico e chiedevo loro di dirimerli. Spesso si trattava di un tecnicismo o una domanda relativa a cosa avrei dovuto aspettarmi, o qualcosa inerente al trattamento.
Non ricordo di preciso le domande che ho posto subito dopo la diagnosi perché ne avevo così tante che neanche sapevo cosa non sapevo. Vorrei ci fosse stata una risorsa o un elenco di domande per i pazienti nella mia situazione, perché avevo domande su tutto. Dopo qualche mese dalla diagnosi, decisi di registrare ciò che veniva detto durante le visite tramite un piccolo registratore vocale. È stato utile in quanto mi ha permesso riascoltare le conversazioni o di recuperare qualcosa di cui si era parlato durante la visita che probabilmente mi ero persa. Tra una visita e l'altra, prendevo nota delle domande o delle preoccupazioni che avevo. Spesso, ciò accadeva dopo aver ricevuto i risultati degli esami. In genere i risultati utilizzavano una terminologia medica o concetti che non comprendevo, quindi evidenziavo l'area di interesse e utilizzavo dei post-it per ricordarmi le domande che avevo su quel problema o termine.
Molti pazienti sono restii a porre domande durante le visite, forse perché non sanno cosa chiedere o hanno paura di chiedere qualcosa. Ritengo che sono entrambi degli ostacoli che possono essere superati. L'unico modo in cui possiamo veramente capire ciò che ci sta succedendo passa attraverso la comprensione. Il primo passo per comprendere è porre domande, molte domande. Quale potrebbe essere una buona domande da porre? A ciò risponderei: “Qualsiasi cosa sia importante o significhi qualcosa per la persona che la pone”. Quello riportato di seguito non è un elenco completo, ma è un buon inizio per comprendere la diagnosi e il trattamento.
Alcune domande di esempio da poter chiedere sono:
Le visite dal medico non devono essere fonte di stress. Spesso lo sono, ma andarci preparati può alleviare un po’ di quello stress. Per aiutarmi prima di una visita stilavo il mio elenco di domande e dubbi, con tanto di cambiamenti nei farmaci, eventuali comportamenti o sintomi che potessi aver accusato; infine portavo con me il mio registratore o blocco note in modo da poter registrare e annotare ciò che veniva detto durante la visita. Se le visite sono troppo “pesanti” da gestire da soli, portare un amico o un parente di fiducia può essere di grande supporto. Essi possono offrirti aiuto emotivo e, da un lato più pratico, possono porre domande a cui potresti non aver pensato o prendere appunti per te. Due teste sono sempre meglio di una.